Ancora una volta in Italia si rinnovano storie di persone diabetiche tipo 1, i cui protagonisti oltre a dover quotidianamente combattere la malattia, affrontandola necessariamente a viso aperto in ogni momento ed in tutte le circostanze, vengono colpite da comportamenti irresponsabili da parte di una istituzione scolastica, che dovrebbe essere per eccellenza la prima ad educare all’inclusione, al superamento di ostacoli e soprattutto a garantire l’uguaglianza tra le persone.
«Ogni due ore devo farmi l’iniezione di insulina ma sono autosufficiente nella terapia, è la normalità per noi diabetici», spiega Shaymaa El Meehy, 18 anni appena compiuti, nata in Italia da mamma irachena e papà egiziano e dal 2012 ammalata della patologia autoimmune. «A marzo ho cambiato medico e il nuovo dottore, solo per precauzione, ha chiesto alla scuola di tenere disponibile una dose del farmaco salvavita glucagone, per eventuali crisi ipoglicemiche d’emergenza. Il liceo ha respinto la richiesta e chiamato i miei genitori perché venissero a prendermi subito, già durante le lezioni».
Se lei è scossa, i suoi compagni sono ancora più dispiaciuti e l’hanno incoraggiata a raccontare l’episodio, adesso che è passato un po’ di tempo. Dodici giorni a casa, tra l’altro senza una comunicazione ufficiale dell’istituto che motivasse l’esclusione. Che è durata fino a che la Asl ha disposto di riammettere subito la ragazza. Ma non è finita. Il giorno del rientro a scuola, a Shaymaa viene detto che non può più partecipare alla gita scolastica. «La professoressa mi ha reso i soldi che avevo versato, dicendomi che non potevo andare con gli altri. Mi è venuto da piangere e mi sono arrabbiata. I miei amici mi hanno accompagnato in presidenza, mentre i miei genitori neanche erano stati informati. Mi sono sentita rispondere che se insistevo ancora per partire, la gita sarebbe stata annullata per tutta la classe e che era solo colpa mia».
Due mesi fa, l’avvocato e l’Ufficio scolastico territoriale hanno chiesto informazioni alla dirigente. Ad oggi la risposta scritta non è ancora arrivata. «Il certificato medico non era chiaro, quando è arrivato a scuola. E comunque nessun professore era disponibile a somministrare il glucagone in caso d’emergenza, tanto più in un luogo isolato della Sicilia. Chi se la prende la responsabilità, se non è personale medico?», ribatte la preside Emilia Ametrano.
Ma il legale, nella sua nota, sottolinea alcuni passaggi. «Per prendere parte al viaggio, la mia assistita aveva consegnato l’attestazione della completa autonomia con l’insulina e una lettera in cui si sollevava la scuola da qualunque responsabilità rispetto alla terapia — scrive —. Quanto al farmaco salvavita, non ha effetti tossici né alcuna controindicazione da sovradosaggio, deve solo essere somministrato come da specifica prescrizione medica».